Il Progetto
Roberto Calcaterra
racconta RC6 Camp
L’atmosfera di un villaggio olimpico e la quotidianità di una squadra.
È questa, per i ragazzi e le ragazze che ci scelgono, la principale forza dell’RC6 Camp.
Credo che, con tre Olimpiadi alle Spalle e oltre quattrocento presenze in nazionale, posso affermarlo con cognizione di causa, consapevole di cosa significhi davvero lo spirito olimpico e il senso di squadra.
Con quattro ore di allenamento al giorno e un contatto stretto e continuo con assoluti campioni nella disciplina di riferimento, il livello tecnico degli allenamenti è altissimo. In una settimana, anche solo in termini quantitativi, faremo un lavoro che durante l’anno, in una qualsiasi società sportiva, è difficile garantire in un mese. Il livello tecnico è molto, certo, ma non è tutto.
LAlla base di questo camp c’è un aspetto fondamentale, che fa parte dello sport tanto quanto gli allenamenti: la socialità e lo scambio umano. Voglio che i giorni dell’RC6 Camp siano un momento indimenticabile di incontro, di divertimento e di confronto. È questa la caratteristica che privilegio quando scelgo personalmente gli allenatori e le allenatrici. Partendo dal presupposto che le qualità sportive dei coach siano assolutamente indiscutibili, a fare la differenza è la qualità umana. Le allenatrici e gli allenatori dell’RC6 Camp devono essere una garanzia prima di tutto per me, Roberto Calcaterra, e quindi per chi ci sceglie. Devo avere la certezza di poter contare su professionisti che decidono di dedicarsi alla causa 24h. Lorena Zaffalon per il Camp Sincro, Sebastiano Ranfagni per il Camp Nuoto, Elisa Blanchi per il Butterfly Camp e Samuel Peron per il Camp Latin Technique, non sono solo grandissimi nomi nelle rispettive discipline. Sono amiche e amici, persone fidate che hanno sposato questo progetto e che si spendono completamente per la sua buona riuscita.
I numeri non sono tutto, ma qualcosa dovranno pur voler dire. Nel 2009 ho avuto l’idea di questo Camp, iniziato con la pallanuoto. C’erano 100 bambini. L’anno dopo erano quattrocento. Nelle successive edizioni (siamo, per quanto riguarda la pallanuoto, alla quattordicesima) abbiamo avuto una media di quattrocento ragazzi. Si è aggiunto poi il nuoto sincronizzato, circa centocinquanta ragazze a edizione, per dieci edizioni. Poi il nuoto, la ritmica, il latino americano. Migliaia di ragazze e ragazzi, e quindi di famiglie che ci hanno scelto, e il più delle volte scelto di nuovo, la nostra più grande soddisfazione.
Durante questi anni ho ottenuto soddisfazioni e riconoscimenti, ho visto l’RC6 Camp prendere vita e avvalersi di una partecipazione sempre più ampia. Ci sono stati, ovviamente, anche momenti difficili, uno su tutti è quello che stiamo vivendo ancora, ogni giorno. La pandemia ha inciso profondamente sulla possibilità di socializzare e di praticare lo sport amato da molte ragazze e ragazzi. Per questo, da ormai due anni, un’esperienza sicura come quella dell’RC6 Camp ha assunto un valore ancora più forte. Conoscere altre realtà, entrare in contatto con persone provenienti da tutta Italia, creare nuovi legami o consolidare quelli già esistenti sono dei valori che abbiamo imparato a riconoscere come tutt’altro che scontati.
Niente come lo sport ha il potere di riaffermarli.
Roberto Calcaterra